La morte di Gennaro, il ragazzo di 15 anni schiacciato da una betoniera ieri a piazza Municipio mi ha ricordato quella, altrettanto tragica e atroce, di Salvatore, morto a 14 anni per la caduta di un calcinaccio nella Galleria Umberto I di Napoli. Fatalità si dirà. Forse, perché certo nessuno ha voluto la morte di questi due ragazzini. Ma non solo, secondo me.
Queste morti testimoniano lo stato drammatico delle Istituzioni e dell’amministrazione di questa città. La morte di Gennaro è il frutto dei lavori, caotici e infiniti, che interessano il centro di Napoli. Lavori necessari sicuramente, ma gestiti da un tempo infinito e sempre in modo improvvisato, come sanno bene i residenti.
Strade che si allargano o restringono all’improvviso, comunicazione scarsa e imprecisa, vigili assenti o inutilmente presenti, cantieri “aperti” ai passanti dove un ragazzino che s’infila col motorino non rappresenta certo un evento imprevisto e imprevedibile. E, soprattutto, totale assenza di programmazione. I cantieri spuntano come funghi, senza alcuna considerazione per le esigenze di mobilità dei cittadini e senza tener conto dell’esistenza di altre opere in corso, magari a pochi metri di distanza.
Insomma, caos, accompagnato dal menefreghismo di chi dovrebbe dirigere e soprattutto controllare, non solo da parte della politica. Anche la morte di Salvatore è il frutto della stessa mentalità malata: Salvatore è morto semplicemente perché nessuno di coloro che hanno la responsabilità di farlo ha mai svolto un’attività di verifica, sistematica e non casuale, dello stato manutentivo degli immobili di questa città.
Una pietra può sempre cadere da un palazzo, ma basta alzare gli occhi al cielo nelle strade di Napoli per scoprire che quella morte non è frutto di un destino cinico e baro, ma di un evento largamente prevedibile. Ecco, questo è ciò che addolora e rattrista. Ricordiamocelo quando si spegnerà la luce dell’ultima telecamera su questa nuova tragedia, iniziando a pretendere che le cose si facciano sul serio.